Il libro di Giobbe tocca tutti noi perché risponde alla seguente domanda:
► Perché esiste la sofferenza in questo mondo? Forse questa è la domanda più profonda che dobbiamo affrontare come cristiani. Noi viviamo in un universo creato, sistemato e governato da un essere assolutamente perfetto. ► Allora, perché questo mondo è pieno di imperfezioni, dolori e travagli? Dove è Dio in tutto questo? Questo è il tema principale del Libro di Giobbe. ► Chi fu Giobbe? Giobbe visse intorno ai tempi di Abramo, Isacco o Giacobbe, in quell’epoca della storia antichità. La Bibbia dice: “C’era nella terra di Uz un uomo chiamato Giobbe: uomo integro e retto, temeva Dio ed era alieno dal male. Gli erano nati sette figli e tre figlie; possedeva settemila pecore e tremila cammelli, cinquecento paia di buoi e cinquecento asine, e molto numerosa era la sua servitù. Quest’uomo era il più grande fra tutti i figli d’oriente” (Gb 1: 1 - 3). Queste parole ci spiegano quanto Giobbe fosse un uomo di un’enorme ricchezza, tanto da essere considerato l’uomo più ricco della sua epoca. Abramo era uno degli uomini più ricchi del suo tempo, ma qui la descrizione indica che la sua prosperità fu superata da quella di Giobbe. La Bibbia dice: “I suoi figli solevano andare a fare banchetti in casa di uno di loro, ciascuno nel suo giorno, e mandavano a invitare anche le loro tre sorelle per mangiare e bere insieme. Quando avevano compiuto il turno dei giorni del banchetto, Giobbe li mandava a chiamare per purificarli; si alzava di buon mattino e offriva olocausti secondo il numero di tutti loro. Giobbe infatti pensava: “Forse i miei figli hanno peccato e hanno offeso Dio nel loro cuore”. Così faceva Giobbe ogni volta” (Gb 1: 4, 5). ► Un uomo di tale ricchezza può essere giusto agli occhi di Dio? Giobbe non era soltanto l’uomo più ricco di quell’epoca, ma anche l’uomo più timorato di Dio di quell’epoca. Questa è una cosa sorprendente per noi, perché noi sappiamo che Gesù Cristo nel Nuovo Testamento parla di quanto sia difficile per un ricco entrare nel regno di Dio. Nonostante noi abbiamo nella Scrittura esempi di persone molto ricche che non permisero alla loro ricchezza di allontanarle da Dio, quello che ci lascia stupiti è la descrizione del Libro di un uomo rimasto integro e giusto davanti a Dio malgrado la sua ricchezza immensa. ► Qual è la storia di Giobbe? La storia di Giobbe inizia così: “Un giorno, i figli di Dio (cioè gli angeli) andarono a presentarsi davanti al Signore e anche satana andò in mezzo a loro. Il Signore chiese a satana: “Da dove vieni?”. Satana rispose al Signore: “Da un giro sulla terra, che ho percorsa”. Il Signore disse a satana: “Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, teme Dio ed è alieno dal male”. Satana rispose al Signore e disse: “Forse che Giobbe teme Dio per nulla? Non hai forse messo una siepe intorno a lui e alla sua casa e a tutto quanto è suo? Tu hai benedetto il lavoro delle sue mani e il suo bestiame abbonda di terra. Ma stendi la tua mano e tocca tutto ciò che possiede e vedrai se non ti maledice in faccia!”. Il Signore disse a satana: “Ecco, quanto possiede è in tuo potere, ma non stender la mano su di lui” (Gb 1: 6 - 12). Così satana venne alla presenza di Dio dopo aver girato e passato sulla terra guardando e osservando il suo campo. Allora il Signore gli chiese: “Cosa stavi facendo?”; egli rispose: “Giravo e guardavo su tutta la terra”, come se fosse contento di consegnare le sue relazioni diaboliche e dicesse: “Passavo nel mio campo e ho visto che tutto è sotto il mio controllo; tutti mi seguono”. Il Signore gli disse: “Hai posto attenzione al mio servo Giobbe?”; ed egli rispose con scherno: “Certo, ho posto attenzione al tuo servo Giobbe. Tu gli hai donato ogni benedizione che un uomo possa ricevere, hai messo una siepe intorno a lui, lo hai protetto dalle malattie e dai ladri, gli hai dato una famiglia meravigliosa, averi, potere e prestigio. Ma Giobbe serve Dio gratuitamente? Infatti egli in cambio riceve benedizioni”. Cosa disse satana? Disse: “Giobbe non ti serve se non perché da te trae beneficio”. Poi disse: “Permettimi di attaccarlo; togli la tua siepe che è intorno a lui e vedrai come questo presunto uomo giusto ti maledirà in faccia”. Qui vediamo una competizione tra le forze del cielo e le forze dell’inferno di cui Giobbe è l’oggetto. Satana lanciò un attacco e Giobbe, per prima cosa, perse le sue proprietà. “Ora accadde che un giorno, mentre i suoi figli e le sue figlie stavano mangiando e bevendo in casa del fratello maggiore, un messaggero venne da Giobbe e gli disse: “I buoi stavano arando e le asine pascolando vicino ad essi, quando i Sabei sono piombati su di essi e li hanno predati e hanno passato a fil di spada i guardiani. Sono scampato io solo che ti racconto questo” (Gb 1: 13 - 15); poi i Caldei vennero a rubare il bestiame. Dunque, per prima cosa i suoi servi vennero uccisi e poi il bestiame venne rubato dai suoi nemici. ► Cosa possiamo capire da questo racconto? Questa parte della storia rivela una cosa importante che ci fa comprendere la prevalenza di Dio e qual è il rapporto di Dio con la malvagità umana. Noi sappiamo che Giuseppe, che venne messo in prigione e trattato ingiustamente dai suoi fratelli, quando loro si unirono a lui e temevano che Giuseppe vendicasse di loro, li guardò dicendo: “Se voi avevate pensato del male contro di me, Dio ha pensato di farlo servire a un bene” (Gen 50: 20). Quindi anche se l’uomo compie azioni e scelte malvagie o ha intenzioni malvagie, come fecero i fratelli di Giuseppe, la volontà di Dio si compie ed è sempre per il bene dell’uomo. Adesso poniamoci questa domanda: ► Chi è il responsabile della morte dei servi di Giobbe e della perdita delle sue proprietà: i Sabei o i Caldei? Il diavolo o Dio? In verità, tutti partecipano a questi fatti. I Sabei e i Caldei hanno sempre desiderato le proprietà di Giobbe, ma non sono riusciti a rubarle perché Dio aveva messo una siepe intorno ad esse; ma appena Dio tolse la sua siepe, satana li provocò per rubarle. Loro erano disposti a farlo, perciò collaborarono con il principe delle tenebre con tutto il loro cuore. Quindi le azioni dei Caldei, le azioni dei Sabei e le azioni di satana, erano tutte vili. ► Ma che dire di Dio? Qui vediamo la giustificazione di Dio riguardo alla presenza del male nel mondo; in quanto le buone intenzioni di Dio si sono realizzate attraverso i dolori e le sofferenze di Giobbe. La domanda basilare in questo Libro è: ► Perché soffriamo? La risposta è: “Per la gloria di Dio”. Questa domanda è stata posta anche nel Nuovo Testamento nel capitolo nove del vangelo di Giovanni, quando Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli gli posero una profonda domanda teologica, che è la seguente: “Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?”. Allora la risposta di Gesù è stata: “Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio” (Gv 9: 1 - 3). Notiamo qui che il modo, in cui la domanda è stata posta dai discepoli, presuppone che qualcuno avesse dovuto peccare perché questo uomo nascesse cieco; perché loro pensavano che le sofferenze e i dolori in questo mondo fossero sempre causati dal peccato. In quest’occasione Gesù ha dovuto spiegare loro che hanno fatto una supposizione sbagliata. Essi hanno commesso uno sbaglio a proporre una delle due seguenti probabilità: o che i suoi genitori avessero peccato o che l’uomo avesse peccato. Ma Gesù ha detto: “Nessuno di questi ha peccato”. ► Dunque, non esiste nessuna relazione tra la sofferenza e il peccato? No; la Bibbia chiarisce che se il peccato non esistesse nel mondo, non ci sarebbe sofferenza e che il dolore, la morte e la sofferenza fanno tutti parte delle conseguenze della caduta del mondo ancora sottomesso a Dio. Ma l’errore che i discepoli hanno commesso è stato presupporre che ci sia sempre una corrispondenza tra le sofferenze delle persone e le loro colpe. Ci sono molti motivi per i quali gli uomini soffrono. Nel Nuovo Testamento a volte le persone hanno sofferto per la giustizia e non per colpe commesse: hanno sofferto come conseguenza della loro fedeltà a Dio. A volte Dio permette che loro soffrano per la loro santificazione perché il dolore diventi una prova che conduce alla santità. A volte, inoltre, Dio permette alle persone di soffrire al fine di disciplinarle, rimproverarle e rettificarle, perché Egli le ama. Quindi non possiamo supporre che ci sia sempre una relazione tra la sofferenza che si incontra e il proprio peccato, né possiamo dire che non ci sia nessuna relazione tra i due. Perciò quando soffriamo dobbiamo chiedere: “Perché, o Dio? Se abbiamo peccato, fa’ che ci convertiamo”. ► Ritorniamo a Giobbe. Che cosa gli è successo? In tutto questo Giobbe disse: “Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore” (Gb 1: 21). Poi le sue sofferenze si moltiplicarono, egli perse ogni cosa, il suo corpo fu colpito da una piaga maligna dalla pianta dei piedi alla cima del capo a tal punto che egli prese un coccio per grattarsi e stava seduto in mezzo alla cenere in uno stato di estrema miseria. I suoi amici andarono da lui per consolarlo e consigliarlo, e i loro consigli furono i seguenti: “Giobbe, tu soffri più di qualunque persona che abbiamo mai incontrato. Questo fatto ha un solo significato che è che tu sei un grande peccatore. Perciò tu ti devi confessare le tue colpe e pentire davanti a Dio”. Giobbe rimase distrutto, colpito e sanguinato e disse: “Io non so di che cosa mi devo confessare; non so che cosa ho fatto per meritarmi questo”. Loro dissero: “Vedi? Tu sei borioso, arrogante e vanitoso. Sicuramente tu nascondi un peccato; altrimenti, come ti spieghi queste disgrazie?”. Gli amici di Giobbe non potettero consolarlo. Poi venne Eliu e gli parlò con prediche affettate, la maggior parte delle quali erano vere, ma da lui esposte in modo fariseo e insensibile. Anche la moglie di Giobbe venne da lui, dicendo: “Io non posso vederti soffrire così. Maledici Dio e muori. Io ti voglio bene ma preferisco vederti morto che vederti soffrire. Quindi poni fine e maledici Dio”. Questo è stato lo scopo di satana dall’inizio, quando disse a Dio: “Togli la tua siepe che è intorno e farò sì che ti maledica in faccia”; e Dio gli permise di andare avanti al punto che la moglie di Giobbe lo attaccò. La moglie di Giobbe disse: “Maledici Dio e muori”, e Giobbe rifiutò dicendo: “Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremo accettare il male?”; “Abbiamo accettato il bene dalla mano di Dio, e rifiuteremmo di accettare il male?” (Gb 2: 10), “Mi uccida pure, non me ne dolgo” (Gb 13: 15). Ma questo non gli impedì di chiedere il perché. Egli alzò le sue mani al cielo e chiese a Dio una risposta. ► Allora, che cosa fa Giobbe? Alla fine del Libro di Giobbe, c’è una conversazione tra Giobbe e Dio, in cui Dio parla da solo dicendo: “Chi è costui che oscura il consiglio con parole insipienti? Cingiti i fianchi come un prode, io t’interrogherò e tu mi istruirai” (Gb 38: 2, 3). Giobbe chiede: “Perché? Perché? Perché?”; e Dio si voltò verso di lui dicendo: “Chi è costui che oscura il consiglio con parole insipienti? Giobbe, tu non sai di che cosa stai parlando”. Poi Dio comincia a rimproverare duramente Giobbe: “Dov’eri tu quand’io ponevo le fondamenta della terra? Dillo, se hai tanta intelligenza! (Gb 38: 4). Dov’eri tu quando io fissai il corso dei pianeti e dei fiumi?”. Giobbe ascolta queste parole e non può sopportarle. E Dio gli dice: “Il censore vorrà ancora contendere con l’Onnipotente? L’accusatore di Dio risponda!”. Giobbe rivolto al Signore dice: “Ecco, sono ben meschino: che ti posso rispondere? Mi metto la mano sulla bocca. Ho parlato una volta, ma non replicherò. Ho parlato due volte, ma non continuerò” (Gb 40: 1 - 5). “Va bene, o Dio, ho capito. Io sono peccatore, io sono vile. Ecco, mi metterò la mano sulla bocca e tacerò”. Allora il Signore risponde a Giobbe: “Cingiti i fianchi come un prode: io t’interrogherò e tu mi istruirai. Oseresti proprio cancellare il mio giudizio e farmi torto per avere tu ragione?” (Gb 40: 7, 8). Poi Dio dice: ““Puoi tu tirar fuori il Leviathan con l’amo o tener ferma la sua lingua con una corda?” Io posso. “Puoi tu mettergli un giunco nelle narici o forargli la mascella con un uncino?” (Gb 40: 25, 26). Io posso”. Alla fine Giobbe rispose al Signore e disse: “Comprendo che puoi tutto e che nessuna cosa è impossibile per te... Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono. Perciò mi ricredo e ne provo pentimento sopra polvere e cenere” (Gb 42: 2 - 6). Giobbe non si converte, per prima cosa, dei peccati che gli hanno causato le avversità, ma della sua mancanza di fiducia in Dio in mezzo alle avversità. Dio non risponde mai alla domanda “Perché?”. L’unica risposta che Egli ha dato a Giobbe è la manifestazione di se stesso. “Giobbe, hai dimenticato chi sono io? Se tu sai chi sono io, devi avere fiducia in me”. Alla fine Dio trionfa sulle parole di scherno di satana e restituisce a Giobbe la posizione e la casa e gli rende molto più di quanto possedeva prima. ► Qual è la lezione che possiamo trarre da questa storia? Questo è il messaggio del Nuovo Testamento, il messaggio di Cristo: “Se non sei disposto ad essere sepolto con me e soffrire con me, non parteciperai mai alla mia gloria. Ma coloro che si uniscono a me nella mia morte, parteciperanno alla mia Resurrezione”. |
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